Risarcimento da licenziamento illegittimo e indennità di disoccupazione. Una recente decisione della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione con la sentenza Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 26/08/2020, n. 17793 ha stabilito che la domanda per ottenere il trattamento di disoccupazione non presuppone la definitività del licenziamento e non è incompatibile con la volontà di impugnarlo.
Ha stabilito la Corte che l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, derivante dell’atto di recesso, determina comunque lo stato di disoccupazione che rappresenta il fatto costitutivo del diritto alla prestazione, sul quale non incide la contestazione in sede giudiziale della legittimità del licenziamento.
Solo una volta dichiarato illegittimo il licenziamento e ripristinato il rapporto per effetto della reintegrazione le indennità di disoccupazione potranno e dovranno essere chieste in restituzione dall’Istituto previdenziale, essendone venuti meno i presupposti, così non potendo, peraltro, le stesse essere detratte dalle somme cui il datore di lavoro è stato condannato ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18.
La pronuncia della Cassazione consegue all’impugnazione del licenziamento da parte di un lavoratore cui il Tribunale aveva riconosciuto l’ordinario risarcimento del danno anziché la reintegra che ormai è riservata in limitati casi.
L’Inps in forza di un decreto ingiuntivo richiedeva la restituzione di quanto percepito dal lavoratore a titolo di indennità di disoccupazione.
Il giudice di merito sia in primo che in secondo grado aveva ritenuto che il ricorrente non era stato reintegrato nel posto di lavoro, nè aveva ricevuto spettanze retributive, ma un mero risarcimento e che ciò escludeva che l’indennità di disoccupazione potesse diventare indebita per il solo fatto di aver ottenuto una sentenza favorevole
La Suprema Corte ha richiamato il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, che all’ art. 45 stabilisce che l’evento coperto dal trattamento di disoccupazione riguarda l’involontaria disoccupazione per mancanza di lavoro, ossia quella inattività, conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, non riconducibile alla volontà del lavoratore, ma dipendente da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro La funzione dell’assegno è quindi, secondo la Corte quella di fornire in tale situazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione del art. 38 Cost., comma 2.
Ha quindi rilevato la Corte di Cassazione che ” la domanda per ottenere il trattamento di disoccupazione non presuppone neppure la definitività del licenziamento e non è incompatibile con la volontà di impugnarlo, mentre l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, derivante dell’atto di recesso, determina comunque lo stato di disoccupazione che rappresenta il fatto costitutivo del diritto alla prestazione, e sul quale non incide la contestazione in sede giudiziale della legittimità del licenziamento” (v. anche Cass. 11.6.1998 n. 5850, Cass. n. 4040 del 27/06/1980) e che ” solo una volta dichiarato illegittimo il licenziamento e ripristinato il rapporto per effetto della reintegrazione le indennità di disoccupazione potranno e dovranno essere chieste in restituzione dall’Istituto previdenziale, essendone venuti meno i presupposti, così non potendo, peraltro, le stesse essere detratte dalle somme cui il datore di lavoro è stato condannato ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18