Diritto allo studio. Datore di lavoro pubblico – comparto Funzioni Centrali – parziale modifica turnazione richiesta da lavoratore studente – ammissibilità
Il diritto allo studio è sancito dall’articolo 10 dello Statuto dei Lavoratori alla voce “Lavoratori studenti”.
Stabilisce l’articolo 10 che i lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
In pratica, lo studente lavoratore che frequenti un regolare corso di studi ha diritto a turni agevolati, all’esonero dallo straordinario e dal lavoro durante i riposi settimanali.
Gli stessi inoltre hanno il diritto a fruire di appositi permessi per sostenere gli esami.
La norma è ampiamente integrata dalla contrattazione collettiva di settore sia nel settore privato che in quello pubblico.
In quest’ultimo ambito, l’art. 46 CCNL Comparto Funzioni Centrali 2016-2018, al comma 5, per ciò che qui interessa, sancisce espressamente che al “… personale di cui al presente articolo interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami…”.
Il punto è stato inoltre oggetto da parte di un’amministrazione locale di richiesta di parere all’ARAN in merito alla possibilità per il datore di lavoro pubblico di tener conto nella programmazione di turni favorevoli anche delle necessità dell’amministrazione medesima. In data 7 luglio 2021, risulta pubblicato il parere in merito dell’ARAN la quale ritiene che l’ articolo contrattuale detta la disciplina del diritto allo studio articolandolo su due livelli di tutela: il primo, consistente nella concessione dei suddetti permessi retribuiti nei limiti quantitativi indicati dallo stesso CCNL; il secondo, nel favorire la conciliazione tra la prestazione lavorativa del personale cui è stato concesso di usufruire dei citati permessi retribuiti assegnando tale personale a turni di lavoro che agevolino concretamente la frequenza dei corsi e la preparazione degli esami (cfr. sentenza Corte Cassazione n. 17128/2013).
Pertanto, afferma l’ARAN, se da un lato il diritto del dipendente ad ottenere turni di lavoro complessivamente più agevoli laddove questi usufruisca dei permessi studio deve essere tutelato dal datore di lavoro pubblico (pena la vanificazione del diritto di studio in parola), dall’altro, però il dipendente non può considerarsi svincolato dall’organizzazione lavorativa. E, infatti, in ossequio del principio di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 del Codice Civile, il lavoratore/studente può anche eventualmente proporre un prospetto della propria articolazione oraria che sarà valutato dall’Amministrazione anche in termini di compatibilità con l’orario di servizio e con l’organizzazione dell’ufficio.
La materia del diritto allo studio è stata oggetto di alcuni interventi giurisprudenziali della Corte di Cassazione cui dedicheremo un breve accenno.
Cass. civ. Sez. lavoro, 18/09/2020, n. 19610
In tema di diritto del lavoratore di usufruire di giorni studio, in applicazione dei criteri di ermeneutica precisati dagli art. 1362 e 1363 c.c., la norma contrattuale, che prevede la possibilità per il lavoratore di usufruire di permessi studio, va interpretata nel senso che i permessi straordinari retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati dalla clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari come, ad esempio, i colloqui con i docenti o il disbrigo di pratiche di segreteria. (Nel caso di specie, è stato escluso che la previsione di cui all’art. 28 del CCNL Federcasa 2002-2005 riconoscesse permessi studio retribuiti anche ai lavoratori studenti cd. “fuori corso”, ed è stato ritenuto che la concessione dei permessi fosse limitata al solo periodo di frequenza nell’ambito degli anni di durata legale del corso di studi).
Cass. civ. Sez. lavoro, 10/07/2013, n. 17128
La fruizione dei permessi di studio prescinde dalla sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro, pubblico o privato, essendo riconducibile ai diritti fondamentali della persona, come garantiti dagli artt. 2 e 34 Cost. e dall’art. 10 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970).
Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 17/02/2011, n. 3871
In base ad un’interpretazione coerente con il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, sancito dall’art. 6 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in attuazione della direttiva comunitaria 70/1999 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES, deve ritenersi che l’art. 13 del c.c.n.l. del 16 maggio 2001, relativo al comparto Ministeri e integrativo del precedente c.c.n.l. del 16 febbraio 1999, nel prevedere la fruibilità di permessi retribuiti per motivi di studio, nella misura di 150 ore, da parte dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non esclude che i medesimi permessi debbano essere concessi a dipendenti assunti a tempo determinato, sempre che non vi sia un’obiettiva incompatibilità in relazione alla natura del singolo contratto a termine; né l’esclusione del beneficio potrebbe giustificarsi, in ragione della mera apposizione del termine di durata contrattuale, per l’assenza di uno specifico interesse della P.A. alla elevazione culturale dei dipendenti, giacché la fruizione dei permessi di studio prescinde dalla sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro, pubblico o privato, essendo riconducibile a diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione (art. 2 e 34 Cost.) e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo (art. 2 Protocollo addizionale CEDU), e tutelati dalla legge in relazione ai diritti dei lavoratori studenti (art. 10 della legge n. 300 del 1970). (Rigetta, App. Trento, 18/10/2006)
Cass. civ. Sez. lavoro, 28/11/1995, n. 12265
Ai fini del riconoscimento del diritto del lavoratore studente a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi di istruzione scolastica e la preparazione agli esami, ex art. 10 comma 1, l. 20 maggio 1970 n. 300, si deve definire come corso regolare di studio quello istituito presso una delle scuole previste dalla stessa disposizione, che richieda una regolare frequenza per il conseguimento di titolo di studio con valore legale. (Nella specie, è stata confermata la decisione dei giudici di merito che ha accertato il diritto in questione per l’ipotesi di partecipazione del lavoratore ad un corso sperimentale di scuola media per lavoratori – cosiddetta delle 150 ore – finalizzato al recupero della scuola dell’obbligo per il conseguimento del diploma di scuola media inferiore).
Cass. civ. Sez. lavoro, 25/10/1991, n. 11342
La previsione dell’art. 10, 2° comma, l. 20 maggio 1970 n. 300, relativa al diritto dei lavoratori studenti – compresi quelli universitari – a permessi retribuiti si ricollega all’esigenza di accrescere la professionalità del lavoratore o più in generale il suo patrimonio culturale, in armonia con i principi di cui agli art. 34 e 41 cost.; il beneficio riconosciuto dalla norma non può essere quindi limitato ad un unico corso di studi, e si estende anche ai lavoratori studenti universitari che abbiano già conseguito altro diploma di laurea o titolo equipollente.
Cass. civ. Sez. lavoro, 18/09/2020, n. 19610
In tema di diritto del lavoratore di usufruire di giorni studio, in applicazione dei criteri di ermeneutica precisati dagli art. 1362 e 1363 c.c., la norma contrattuale, che prevede la possibilità per il lavoratore di usufruire di permessi studio, va interpretata nel senso che i permessi straordinari retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati dalla clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari come, ad esempio, i colloqui con i docenti o il disbrigo di pratiche di segreteria. (Nel caso di specie, è stato escluso che la previsione di cui all’art. 28 del CCNL Federcasa 2002-2005 riconoscesse permessi studio retribuiti anche ai lavoratori studenti cd. “fuori corso”, ed è stato ritenuto che la concessione dei permessi fosse limitata al solo periodo di frequenza nell’ambito degli anni di durata legale del corso di studi).