Con il decreto di marzo entra in vigore l’obbligo (onere) di vaccinazione per i sanitari.
L’articolo 4 del Decreto Aprile 2021 giunge al termine di un vivace dibattito in merito all’obbligatorietà del vaccino anti COVID per coloro che esercitano una professione sanitaria di contatto con l’utenza.
Ricordiamo come fosse stata riscontrata la contrapposizione tra coloro che proponevano il licenziamento di quei sanitari che non volessero sottoporsi al vaccino e dall’altra parte coloro che ritenevano non sussistere obbligo alcuno in forza del disposto dell’articolo 32 della Costituzione che escludeva l’esistenza dell’obbligo di trattamento sanitario in assenza di norma di legge che lo autorizasse.
Nel corso delle discussioni, era emersa una via mediana che, a prescindere dall’obbligatorietà del trattamento vaccinale , lo considerava un requisito fondamentale per rendere la prestazione in ambito sanitario; quindi una condizione per poter lavorare in quel settore.
Ne derivava, secondo questa opinione, che il dipendente che non risultava per qualsiasi causa, non vaccinato era inidoneo alla prestazione e poteva di conseguenza essere sospeso.
L’avvio della campagna vaccinale con i relativi intoppi che si sono verificati e l’attenzione dedicatavi dai Media, ha imposto al Governo l’avvio di misure più rigorose.
Con l’articolo 4 del Decreto Aprile 2021 è imposto per il personale sanitario che opera a contatto con i pazienti l’obbligo del vaccino anti COVID.
La misura assume carattere temporaneo finalizzata al completamento del piano di vaccinazione e comunque con termine al 31 dicembre 2021ed è rivolta agli esercenti le professioni sanitarie ed agli operatori di interesse sanitario operanti nelle strutture sanitarie, socio sanitarie, socio assistenziali, pubbliche e private, farmacie e parafarmacie e studi professionali.
Essa consiste nell’obbligo a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione del COVID.
E’ quindi meglio precisato che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della prestazione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative.
La legge prevede poi un obbligo per gli ordini professionali e per i datori di lavoro di trasmettere entro cinque giorni dall’entrata in vigore del decreto, alle rispettive regioni l’elenco degli iscritti e degli operatori sanitari.
Ne segue un periodo di dieci giorni nel corso del quale, le Regioni provvederanno ad una verifica delle relative posizioni, segnalando alle ASL competenti eventuali inadempienze.
Quindi, nel caso di persistente inadempienza, le ASL provvederanno mediane apposito atto di accertamento a sospendere dal diritto a svolgere le prestazioni e le mansioni di appartenenza.
Da questo quadro sommario, possiamo trarre le seguenti considerazioni:
- Non è stato introdotto un obbligo generale di vaccinazione per coloro che lavorano a contatto con il pubblico, ma esclusivamente con il personale sanitario o parasanitario;
- L’obbligo è temporaneo;
- Impropriamente può parlarsi di obbligo, si tratta di un onere per chi vuole continuare a svolgere le proprie funzioni;
- La conseguenza del mancato adempimento non assume connotati disciplinari, ma semplicemente comprime il diritto a svolgere la propria professione e la proprie mansioni, con la conseguenza, almeno ad avviso di chi scrive, che il dipendente non vaccinato, assume il diritto ed il dovere di svolgere altre mansioni anche di carattere inferiore e solo in caso di mancato reperimento di queste ultime, il dipendente potrà non essere retribuito.