Mi viene richiesto il seguente parere:
Nel caso del lavoratore autonomo e nel caso del professionista con cassa propria che opera in prestazione coordinata e continuativa – in particolare, nel caso dell’infermiere che ha anche un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ad esempio, con una casa di risposo – su chi ricadono gli obblighi della contribuzione? E, nel caso in cui questi obblighi non siano adempiuti, quali sono le conseguenze, e quali sono le conseguenze sul diritto alla prestazione pensionistica?
Fornisco di seguito il parere:
- Il lavoratore autonomo
I lavoratori autonomi di cui all’art. 53 del DPR 917/1986, i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e gli incaricati di vendita a domicilio – se si tratta della loro attività abituale, ancorché non esclusiva, ma anche se l’attività di lavoro autonomo è occasionale e il loro reddito annuo supera i 5.000 euro – sono tenuti, ex art. 2 commi 26-32 della legge 335/1995, ad iscriversi alla gestione separata dell’INPS.
L’obbligo di iscrizione alla gestione separata è esteso ad altre categorie di lavoratori, quali assegnisti e dottorandi di ricerca (legge 240/2010 e 315/1998), gli spedizionieri doganali (legge 230/1997), e associati in partecipazione di cui agli art. 2549 e segg. del codice civile (legge 326/23003).
I professionisti lavoratori autonomi iscritti in albi professionali e con cassa previdenziale propria, invece, sono invece esclusi dall’iscrizione alla gestione separata.
La prestazione del lavoratore può dirsi coordinata e continuativa, quindi, qualora non si tratti di un’attività occasionale o episodica, e deve essere resa nell’ambito di un rapporto di lavoro a favore di un determinato soggetto, senza l’uso di mezzi organizzati, di proprietà del lavoratore, e senza che l’attività rientri nei compiti già attribuiti ad un lavoratore subordinato, con retribuzione predefinita e periodica.
Infatti, il Tribunale di Roma sez. Lavoro nella sentenza 24.03.2020 (S.I.E. Società Iniziative Editoriali S.p.a. c. INPGI) ha enunciato che in tali rapporti di lavoro autonomo “l’obbligo di contribuzione richiede solo che si provi che la collaborazione abbia i caratteri della continuità e collaborazione, e quindi: a) la prestazione si personale o almeno prevalentemente personale, nel senso che l’apporto personale deve essere prevalente rispetto a quello di eventuali collaboratori del collaboratore e dell’eventuale impiego di mezzi propri; b) la prestazione sia continuativa, ossia non meramente occasionale, ma perduri nel tempo ed importi un impegno costante; c) la prestazione si svolga in coordinamento con il committente e sia diretta al conseguimento delle finalità di questi”.
La legge 183/2010 dispone che l’omesso versamento dei contributi previdenziali nelle forme e nei termini previsti della legge, dei 2/3 a carico del datore di lavoro, configura l’ipotesi di cui all’articolo 2 del DL 463/1983, comportando l’applicazione di una sanzione pecuniaria a carico del datore stesso, ma la prestazione pensionistica al lavoratore verrà versata comunque.
- Il professionista con cassa previdenziale propria
Come anticipato sopra, l’iscrizione alla gestione separata dell’INPS non è applicabile ai professionisti iscritti in albi professionali e con cassa previdenziale propria, quali ad esempio avvocati o infermieri, qualora inseriti in un rapporto con prestazione coordinata e continuativa, che invece versano integralmente i loro contributi a tale cassa e non alla gestione separata dell’INPS.
Nel caso in cui il professionista, nel caso di specie un infermiere, abbia un rapporto di prestazione lavorativa coordinata e continuativa con il committente, ad esempio una casa di riposo per anziani, l’obbligo di contribuzione alla cassa previdenziale ENPAPI grava per 1/3 sull’infermiere e per 2/3 sul committente (articolo 3 del D. lgs. 103/1996). I committenti sono tenuti quindi ad inviare la denuncia contributiva mediante la procedura DARC e ad effettuare il versamento della contribuzione complessivamente dovuta, anche per la quota a carico del collaboratore.
Le sanzioni per chi non paga ENPAPI sono previste dagli articoli 10 e 11 del regolamento della Cassa stessa. Vengono applicate, quindi, agli iscritti che pagano i contributi in ritardo, oppure che pagano un importo inferiore al dovuto, o che non inviano o inviano in ritardo la dichiarazione del reddito professionale, o inviano una comunicazione del reddito professionale infedele, e dipendono dalla tipologia del mancato adempimento e dal ritardo. Per la riscossione dei contributi insoluti, ENPAPI può avvalersi di procedure ingiuntive ed esecutive previste dalla legge.
Inoltre, chi non è in regola con gli adempimenti non può partecipare ai bandi previdenziali dell’ente, e non può accedere a borse di studio per i figli e a supporto per l’acquisto di una casa e per l’avvio dell’attività professionale.
La natura obbligatoria del pagamento permette all’ente di avvalersi in ogni tempo, per l’attività di vigilanza, della conoscenza del reddito imponibile dell’iscritto, attraverso i dati della Amministrazione finanziaria oppure di altri soggetti pubblici e privati.