Articolo 18 ed ipotesi di reintegra. Gli ultimi interventi della Consulta e della Suprema Corte.
Licenziamento disciplinare illegittimo.
Contratto collettivo prevede sanzione conservativa.
Cassazione Sezione Lavoro 25.11.2021 n.36729.
L’articolo 18 quarto comma della legge 300/70 riconosce il diritto alla reintegra del lavoratore licenziato nel caso di insussistenza del fatto contestato.
Ciò avviene nel caso in cui non sussista proporzionalità alcuna tra la sanzione ed il fatto contestato, sia allorquando la contrattazione collettiva preveda per il caso contestato l’applicazione di una sanzione conservativa.
Interessante sul punto, Cassazione Sezione Lavoro 15 dicembre 2020 n.28630 in Il Lavoro nella giurisprudenza n.10, 1 ottobre 2021,p.943 con nota di Francesca Nardelli.
Come notato dall’autrice, la Corte di Cassazione con una pronuncia quanto mai sintetica affronta il tema della rilevanza da attribuire al fatto contestato ai fini del licenziamento disciplinare, nonché sulla valutazione giudiziale delle tipizzazioni contrattuali, nel caso in cui sia accertata l’illegittimità del licenziamento per irrilevanza disciplinare della condotta ed il CCNL preveda per la fattispecie contestata una mera sanzione conservativa.
Nel caso in commento, la Corte di Cassazione confermava l’illegittimità del licenziamento ed il conseguente diritto alla reintegra sul presupposto in base al quale la fattispecie contestata in base al CCNL era risultata suscettibile della sola sanzione conservativa.
La Corte di Cassazione, nella valutazione del fatto addebitato al lavoratore, ha aderito invece all’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui “l’insussistenza del fatto materiale va intesa come fatto disciplinarmente rilevante consistente in un comportamento astrattamente inadempiente corrispondente a quello considerato nella disposizione del codice disciplinare su cui di fonda la contestazione disciplinare elevata”.
Prevale in questo caso, l’indirizzo già prevalente nella giurisprudenza circa l’esatta portata da attribuire dopo le recenti riforme (Fornero e Jobs Act) all’espressione “insussistenza del fatto” ai fini della reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.
In un primo momento, la tutela consistente nella reintegra era limitata al solo caso dell’insussistenza sul piano materiale dell’addebito contestato.
Quindi il giudice avrebbe dovuto esclusivamente accertare sul piano fenomenologico l’esistenza del fatto contestato.
In questo orientamento alcuni dei principali autori ( Persiani, Maresca, Vallebona).
Di seguito la giurisprudenza di legittimità ha fornito un diverso indirizzo chiarendo come l’insussistenza del fatto contestato comprenda anche le ipotesi della sussistenza materiale dello stesso priva però di valenza disciplinare (Cassazione n.20540/2015).
Di seguito, il legislatore mediante l’articolo 3 del DLGS 23/2015 aggiungeva alla parola “fatto contestato” il termine “materiale”.
Interveniva di seguito la pronuncia n.12174 del 2019 della Cassazione che ribadiva le conclusioni già prima assunte conferendo all’espressione insussistenza materiale del fatto contestato il significato di fatto non avente rilievo disciplinare ai fini del recesso.
Va notato inoltre che di recente la Corte Costituzionale con sentenza 1.4.2021 n.59 ha ritenuto confliggere con diverse disposizioni costituzionali e comunitarie il settimo comma dell’articolo 18 legge 300/70 nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo possa e non debba disporre la reintegrazione del lavoratore.
Fabio Petracci